CAPITOLO 9

Corso di Introduzione alla Immunologia Suina.

VACCINI DI NUOVA GENERAZIONE

 Gli sviluppi delle conoscenze sulla risposta immunitaria e sulle tecniche di biologia molecolare realizzati negli ultimi anni, hanno permesso di identificare, per un gran numero di agenti infettivi, le proteine di interesse immunologico e di farle esprimere in diversi vettori di amplificazione; inoltre permettono anche di eliminare quelle prive di interesse immunologico e/o che possano essere in relazione con la virulenza. In questo modo, sono stati sviluppati nuovi vaccini che non sono formati dall’agente infettivo completo, e che, tra gli altri vantaggi, permettono la differenziazione sierologica tra gli animali vaccinati e quelli malati.


Grazie alle attuali conoscenze sulla risposta immunitaria agli agenti infettivi, ed allo sviluppo di diverse tecniche di ingegneria genetica, si stanno disegnando nuovi vaccini che permetteranno di risolvere i problemi attualmente esistenti in relazione all’utilizzo dei vaccini convenzionali.

Cosa sono questi nuovi vaccini ?

La tecnica per ottenere questi nuovi vaccini si basa sull’ identificazione della proteina o delle proteine di un agente infettivo che siano in grado di indurre una risposta immunitaria protettiva simile a quella stimolata dall’agente infettivo completo; o  meglio sull’identificazione di quelle proteine che non hanno interesse immunologico, né replicativo, o che potrebbero essere relazionate con la virulenza e che pertanto non sono necessarie. In questo modo tramite tecniche di ingegneria genetica, si possono selezionare i geni corrispondenti, clonarli e farli esprimere in vettori diversi, oppure eliminarli mediante una delezione selettiva. Una variante di questo sistema sarebbe, una volta identificata la proteina di interesse immunologico, ottenere la  o le proteine per sintesi proteica.

Vaccini di nuova generazione

Un’altra caratteristica importante nella strategia per ottenere questi nuovi vaccini è la possibilità di incorporare, oltre alle proteine di interesse immunologico, anche sequenze di altri antigeni in grado di aumentare la stimolazione dei linfociti B e dei linfociti T, e la liberazione di citochine. In questo modo si potrebbe migliorare la presentazione degli antigeni al sistema immunitario.

 

Quanti tipi di questi vaccini conosciamo?

In base alle diverse  metodologie utilizzate (ricombinazione, delezione genica) o al tipo di prodotto ottenuto (proteine inattive, vaccini attenuati-deleti, ricombinanti) si possono classificare i vaccini di nuova generazione, nei seguenti gruppi:

CLASSIFICAZIONE DEI VACCINI
 DI NUOVA GENERAZIONE, PER SUINI

PROTEINE INATTIVATE:

Vaccini di subunità :
Afta epizootica
Peste suina classica
Parvovirus suino (sperimentale)

Vaccini di proteine sintetiche:
Afta epizootica

VACCINI VIVI DELETI:
Malattia dI Aujeszky

RICOMBINANTI VIVI
Solo sperimentali

VACCINI  A DNA
Solo sperimentali

 

PROTEINE INATTIVATE.

 

Le tecniche molecolari più utilizzate per ottenere grandi quantità di proteine antigeniche, attualmente sono:

La tecnica del DNA ricombinante: Vaccini di subunità.

La produzione di proteine sintetiche: Vaccini sintetici.

 

Vaccini di subunitá

La tecnica del DNA ricombinante.  

Questa tecnica si basa sulla produzione di una proteina o di più proteine di un agente infettivo senza utilizzare il microrganismo, mediante tecniche di ingegneria genetica che frammentano il DNA corrispondente, e lo esprimono in diversi vettori  di espressione "in vitro". Così si producono grandi quantità di un’unica proteina (subunità) o di diverse proteine di un agente infettivo, che possono essere utilizzate come vaccini di subunità. I passi di questa metodologia sono i seguenti:

Tecnica del DNA ricombinante

Una volta conosciuto il frammento di DNA e la sua sequenza per la proteina di interesse immunologico, si isola il frammento di DNA (1), e lo si inserisce in un plasmide (2). Questo plasmide lo si introduce in un vettore di espressione  (E. coli, Baculovirus) (3). Alcuni accetteranno il gene e produrranno il ricombinante (4). Altri, la maggior parte, no (5).

 

Una volta identificata la proteina/e di interesse immunologico di un determinato agente e la sua sequenza, è possibile  isolare il frammento di DNA che codifica la suddetta proteina e inserirlo in un plasmide, il quale agisce da vettore di trasferimento, (il tipo di plasmide utilizzato dipenderà dal tipo di vettore di espressione) e questo a sua volta in un vettore di espressione

Alcuni di questi vettori di espressione accetteranno il nuovo gene e produrranno la proteina che esso codifica. Mediante diversi sistemi di marcatura si potrà differenziare il vettore che esprime il nuovo gene da quello che non lo ha incorporato.

I vettori di espressione maggiormente utilizzati sono i batteri, principalmente  E. coli,  i lieviti e soprattutto i baculovirus. I batteri presentano problemi nel glicosilare correttamente i polipeptidi prodotti, per questo motivo, le proteine ottenute, presentano una minore capacità immunogenica.

Ultimamente, nella produzione di vaccini di subunità, si sta utilizzando molto il baculovirus, grazie ella sua enorme capacità di espressione. Il baculovirus è un virus degli insetti che si può replicare in linee cellulari stabili di insetto e il cui promotore di espressione è il gene della polihidrina. Questo gene codifica approssimativamente il 60% delle proteine totali del baculovirusus  e può essere sostituito da geni estranei. Tramite questo sistema sono state prodotte ed espresse nelle cellule di insetto proteine provenienti da diversi virus: virus della lingua azzurra, il parvovirus suino e canino, la peste suina classica ed il virus della peste equina africana. Inoltre  è stato possibile far esprimere diverse proteine per volta in forma simile ai virioni ("Virus like particles VLP" o particelle che sembrano virus) come nel caso della “lingua azzurra”, creando un prodotto ad alta capacità immunogenica.

VETTORI DI ESPRESSIONE MAGGIORMENTE UTILIZZATI

BATTERI: Escherichia coli
LIEVITI.
BACULOVIRUS.

Virus like particle (VPL)

Microscopia elettronica della struttura di un ("virus like particles") di diverse proteine del virus della “lingua azzurra”. Su gentile concessione di P. Roy.

 

  Lesioni causate del virus dell’Afta epizootica

Lesioni causate del virus dell’Afta epizootica nel suino.
 

Mediante la tecnica del DNA ricombinante è stato ottenuto il primo vaccino di subunità contro il virus dell’Affta epizootica (VFA) a metà degli anni 80. Fu clonato ed espresso il gene della proteina VP1 del VFA in  E. Coli, producendo grandi quantità di VP.
Purtroppo, la
risposta immunitaria ottenuta con questo vaccino di subunità fu molto inferiore a quella ottenuta con un vaccino inattivato convenzionale. Per ottenere una reazione immunitaria simile  a quella data dal vaccino convenzionale occorre una quantità di VP1 circa 1000 volte superiore.

Recentemente, è stato sviluppato un vaccino di subunità contro il virus della peste suina classica (VPSC),  formato esclusivamente da glicoproteina (gp 55). Questa proteina induce risposta immunitaria e protezione, a livello sperimentale, contro il VPSC virulento. Il gene della gp 55 è stato clonato ed espresso tramite un sistema che utilizza il baculovirus. La proteina così prodotta è stata sperimentalmente inoculata in suini ed ha stimolato la produzione di anticorpi neutralizzanti in grado di proteggere l’animale dall’infezione con il ceppo virulento.

Produzione di proteine sintetiche

Vaccini sintetici. Se si è in grado di identificare nella struttura completa di una proteina gli epitopi o determinanti antigenici di interesse immunologico; come è successo con la proteina VP1 del virus dell’afta epizootica, nella quale si sa che tra gli amminoacidi 140 e 160 si trova l’epitopo per l’induzione degli anticorpi neutralizzanti, si può riprodurne la sequenza tramite sintesi chimica e realizzare un peptide di sintesi identico a quello del virus, il che viene denominato vaccino sintetico. Purtroppo, i livelli di protezione ottenuti, per quanto riguarda l’afta, con la proteina sintetica non hanno superato il 50% degli animali.


Proteina sintetica.

La causa di questa debole immunità protettiva, sembra si debba attribuire al fatto che l’epitopo situato tra gli amminoacidi 140 e 160 sia riconosciuto dai linfociti B, ma non da quelli T. Attualmente si sta lavorando all’identificazione di epitopi che potrebbero stimolare efficacemente i linfociti T, per includerli in un vaccino futuro. 

 
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