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VACCINI DI NUOVA GENERAZIONE
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Gli sviluppi delle conoscenze sulla risposta immunitaria e sulle tecniche di biologia molecolare realizzati negli ultimi anni, hanno permesso di identificare, per un gran numero di agenti infettivi, le proteine di interesse immunologico e di farle esprimere in diversi vettori di amplificazione; inoltre permettono anche di eliminare quelle prive di interesse immunologico e/o che possano essere in relazione con la virulenza. In questo modo, sono stati sviluppati nuovi vaccini che non sono formati dall’agente infettivo completo, e che, tra gli altri vantaggi, permettono la differenziazione sierologica tra gli animali vaccinati e quelli malati.
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Grazie alle attuali conoscenze sulla risposta immunitaria agli agenti infettivi, ed allo sviluppo di diverse tecniche di ingegneria genetica, si stanno disegnando nuovi vaccini che permetteranno di risolvere i problemi attualmente esistenti in relazione all’utilizzo dei vaccini convenzionali.
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Cosa sono questi nuovi vaccini ?
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La tecnica per ottenere questi nuovi vaccini si basa sull’ identificazione della proteina o delle proteine di un agente infettivo che siano in grado di indurre una risposta immunitaria protettiva simile a quella stimolata dall’agente infettivo completo; o meglio sull’identificazione di quelle proteine che non hanno interesse immunologico, né replicativo, o che potrebbero essere relazionate con la virulenza e che pertanto non sono necessarie. In questo modo tramite tecniche di ingegneria genetica, si possono selezionare i geni corrispondenti, clonarli e farli esprimere in vettori diversi, oppure eliminarli mediante una delezione selettiva. Una variante di questo sistema sarebbe, una volta identificata la proteina di interesse immunologico, ottenere la o le proteine per sintesi proteica.
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Un’altra caratteristica importante nella strategia per ottenere questi nuovi vaccini è la possibilità di incorporare, oltre alle proteine di interesse immunologico, anche sequenze di altri antigeni in grado di aumentare la stimolazione dei linfociti B e dei linfociti T, e la liberazione di citochine. In questo modo si potrebbe migliorare la presentazione degli antigeni al sistema immunitario.
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Quanti tipi di questi vaccini conosciamo? | |||||||||
In base alle diverse metodologie utilizzate (ricombinazione, delezione genica)
o al tipo di prodotto ottenuto (proteine inattive, vaccini attenuati-deleti,
ricombinanti) si possono classificare
i vaccini di nuova generazione, nei seguenti gruppi: |
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Le tecniche molecolari più utilizzate per ottenere grandi quantità di proteine antigeniche, attualmente sono:
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La tecnica del DNA ricombinante. Questa tecnica si basa sulla produzione di una proteina o di più proteine di un agente infettivo senza utilizzare il microrganismo, mediante tecniche di ingegneria genetica che frammentano il DNA corrispondente, e lo esprimono in diversi vettori di espressione "in vitro". Così si producono grandi quantità di un’unica proteina (subunità) o di diverse proteine di un agente infettivo, che possono essere utilizzate come vaccini di subunità. I passi di questa metodologia sono i seguenti:
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Una volta conosciuto il frammento di DNA e la sua sequenza per la proteina di interesse immunologico, si isola il frammento di DNA (1), e lo si inserisce in un plasmide (2). Questo plasmide lo si introduce in un vettore di espressione (E. coli, Baculovirus) (3). Alcuni accetteranno il gene e produrranno il ricombinante (4). Altri, la maggior parte, no (5).
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Una volta identificata la proteina/e di interesse immunologico di un determinato agente e la sua sequenza, è possibile isolare il frammento di DNA che codifica la suddetta proteina e inserirlo in un plasmide, il quale agisce da vettore di trasferimento, (il tipo di plasmide utilizzato dipenderà dal tipo di vettore di espressione) e questo a sua volta in un vettore di espressione. Alcuni di questi vettori di espressione accetteranno il nuovo gene e produrranno la proteina che esso codifica. Mediante diversi sistemi di marcatura si potrà differenziare il vettore che esprime il nuovo gene da quello che non lo ha incorporato. |
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I vettori di espressione maggiormente utilizzati sono
i batteri, principalmente E.
coli, i lieviti e soprattutto i baculovirus. I
batteri presentano
problemi nel glicosilare correttamente i polipeptidi prodotti,
per questo motivo, le proteine ottenute, presentano una minore capacità
immunogenica.
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Microscopia elettronica della struttura di un ("virus like particles") di diverse proteine del virus della “lingua azzurra”. Su gentile concessione di P. Roy.
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Mediante la tecnica del DNA ricombinante
è stato ottenuto il primo vaccino di subunità contro il virus dell’Affta
epizootica (VFA) a metà degli anni 80. Fu clonato ed espresso il gene
della proteina VP1 del VFA in
E. Coli, producendo grandi quantità di VP. |
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Recentemente, è stato sviluppato un vaccino di subunità contro il virus della peste suina classica (VPSC), formato esclusivamente da glicoproteina (gp 55). Questa proteina induce risposta immunitaria e protezione, a livello sperimentale, contro il VPSC virulento. Il gene della gp 55 è stato clonato ed espresso tramite un sistema che utilizza il baculovirus. La proteina così prodotta è stata sperimentalmente inoculata in suini ed ha stimolato la produzione di anticorpi neutralizzanti in grado di proteggere l’animale dall’infezione con il ceppo virulento.
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Produzione di proteine sintetiche. Vaccini sintetici. Se si è in grado di identificare nella struttura completa di una proteina gli epitopi o determinanti antigenici di interesse immunologico; come è successo con la proteina VP1 del virus dell’afta epizootica, nella quale si sa che tra gli amminoacidi 140 e 160 si trova l’epitopo per l’induzione degli anticorpi neutralizzanti, si può riprodurne la sequenza tramite sintesi chimica e realizzare un peptide di sintesi identico a quello del virus, il che viene denominato vaccino sintetico. Purtroppo, i livelli di protezione ottenuti, per quanto riguarda l’afta, con la proteina sintetica non hanno superato il 50% degli animali.
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La causa di questa debole immunità protettiva, sembra si debba attribuire al fatto che l’epitopo situato tra gli amminoacidi 140 e 160 sia riconosciuto dai linfociti B, ma non da quelli T. Attualmente si sta lavorando all’identificazione di epitopi che potrebbero stimolare efficacemente i linfociti T, per includerli in un vaccino futuro. |
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