CAPITOLO 9

Corso di Introduzione alla Immunologia Suina

QUANTI TIPI NE CONOSCIAMO II?

Una possibilità che l’utilizzo dell’ingegneria genetica ci consente è quella di eliminare i geni che esprimono proteine collegate alla virulenza ed ottenere così dei ceppi più attenuati. Analogamente si possono incorporare diversi geni di microrganismi differenti in uno solo che funge da vettore. Questi sono altri vaccini di nuova generazione.

Vaccini di nuova generazione

VACCINI VIVI DELETI

Grazie allo sviluppo della biologia molecolare si è avuto un progresso nella conoscenza dei diversi geni che compongono i microrganismi e delle proteine che essi codificano. In questo modo è stato possibile modificare la struttura genomica di alcuni microrganismi, come il virus della Malattia di Aujeszky (ADV), eliminando i geni che codificano proteine collegate alla virulenza ed ottenendo così ceppi attenuati in maniera stabile e sicura.

Vaccini vivi delezionati

 

Struttura del capside virale. virus della malattia di Aujeszky.

Schema della struttura del capside virale e delle sue proteine (con la nuova nomenclatura), e del DNA del virus della malattia di Aujeszky.

DNA della malattia di Aujeszky

Schema della struttura del DNA della malattia di Aujeszky. Nel frammento Us si localizzano i geni delle gE e gI

 

La conoscenza del genoma del virus della ADV ha dimostrato, all’incirca a metà degli anni 80, che alcuni dei ceppi virali, utilizzati per produrre vaccini vivi attenuati, presentavano una delezione nella regione Us del genoma, composta dai geni che codificano per le glicoproteine gE  (prima denominata gI) e l’attuale gI (prima gp 63).

Infatti il ceppo Bartha K/61 presentava una delezione nella regione Us codificante per la gE e per l’attuale gI (antica gp 63). Anche il ceppo NIA-4  presenta una delezione nella regione Us e pertanto non esprime la proteina gE.  Il ceppo Alfort 26 presenta una delezione nella frazione Us che codifica solo per l’attuale gI e non per gE Per tutti questi motivi i vaccini prodotti con questi ceppi inducevano una buona protezione negli animali, ma non stimolavano la produzione di anticorpi contro la proteina gE, per questo motivo gli animali vaccinati con essi possono essere distinti dagli animali infettati, dato che il virus che produce la malattia presenta la proteina gE.

 

Capside virale del virus della malattia di Aujeszky

Schema della struttura del capside virale del virus della malattia di Aujeszky con la localizzazione delle diverse proteine. 

Le scoperte sopra menzionate stimolarono la ricerca molecolare sul virus della malattia di Aujeszky. Mediante tecniche di ingegneria genetica furono iniziati diversi lavori per eliminare geni che codificano o per proteine legate alla virulenza (timidina-chinasi) o per proteine che, come la gE, non sono importanti nell’induzione della risposta immunitaria e permettono di differenziare i ceppi vaccinali. Così si sono ottenuti ceppi meno virulenti per l'eliminazione del gene della timidina-chinasi e al tempo stesso riconoscibili per l’eliminazione del gene della gE.

VACCINI RICOMBINANTI VIVI

I vaccini ricombinanti vivi sono basati sull’utilizzo di un micorganismo (virus o batterio) che funge da vettore per far esprimere geni di un microrganismo diverso.In questo modo il nuovo microrganismo ricombinante può essere utilizzato come vaccino contro entrambi.

Vaccini vivi ricombinati geneticamente

Il microrganismo che è stato utilizzato più frequentemente come vettore di espressione è il virus del vaccino (“vaccinia”) il quale dispone di un genoma ampio e ben studiato, il ceh permette di inserirvi geni estranei senza alterare il sistema replicativo. Così sono stati prodotti, per esempio, un ricombinante contro il virus della rabbia, inserendo nel genoma del virus “vaccinia” il gene della proteina G del virus rabbico. L’inconveniente di questo vettore è che, essendo un virus in grado di infettare la maggior parte delle specie animali, incluso l’uomo, si ottiene un vaccino vivo non specie-specifico e pertanto in grado di immunizzare qualunque animale.

Uno degli ultimi vaccini ottenuti con questa tecnologia ricombinante, ma non utilizzando il virus “vaccinia”, è stato ottenuto dal nostro gruppo, contro il virus della Mixomatosi e della malattia virale emorragica del coniglio. In questo, è stato utilizzato il virus della mixomatosi come vettore e su di esso è stato inserito il gene della proteina VP60 del virus della malattia emorragica. Il risultato è che si è ottenuto un vaccino che induce protezione contro entrambe le patologie.

Nella specie suina, è stato utilizzato, in forma sperimentale, un vaccino ricombinante utilizzando il virus della malattia di Aujeszky, a ui era stato deleto il gene della gE e inserendovi il gene della glicoproteina gp55 del virus della peste suina classica, per indurre immunità contro entrambe le  patologie. Il vantaggio di questo vettore è la specie-specificità, ha però lo svantaggio che non sempre si vuole utilizzare un vaccino vivo contro la malattia di Aujeszky. Un’altra possibilità in fase di studio, è quella di utilizzare virus specifici di suino, come i Poxvirus suini non patogeni, che presentano i grandi vantaggi di: un’alta capacità di inserimento ed espressione dei geni, di alta specificità per l’ospite, e di non essere in relazione con nessuna patologia. Infine, si studia anche, sempre sperimentalmente, la possibilità di utilizzare l’adenovirus come vettore, dato che non è patogeno ma  viene replicato ed espresso in un gran numero di sistemi cellulari dove induce una forte risposta immunitaria tanto umorale che cellulare anche a livello delle mucose.

Per quanto riguarda i vettori batterici, il più utilizzato finora è stata una variante attenuata di Salmonella che induce una buona risposta immunitaria, anche a livello delle mucose enteriche, però, nel caso della specie suina, potrebbe presentare problemi diagnostici.

Costruzione Ricombinante MIX-VP60

Schema della costruzione del ricombinante tra il virus della Mixomatosi e la proteina VP60 del virus della malattia virale emorragica del coniglio

Particelle virali di Mixoma

Malattia virale emorragica del coniglio

Microscopia elettronica di particelle virali di Mixoma e di malattia virale emorragica del coniglio.

 

VACCINI A DNA

Attualmente si sta studiando la possibilità di utilizzare direttamente una frazione purificata di DNA che contenga il gene della proteina capace di indurre una risposta immunitaria protettiva. Questa frazione di DNA viene inserita in un plasmide che funge da vettore. Le cellule animali captano questi plasmidi, mediante processi non ancora ben compresi, e li incorporano nel nucleo cellulare, permettendo l’espressione del gene estraneo e la produzione della proteina corrispondente. Questa proteina deve essere espressa sulla superficie cellulare o essere liberata nel tessuto, per far sì che  il sistema immunitario la possa riconoscere nella sua forma nativa, come avviene durante un’infezione naturale con l’agente completo, stimolando ed ottenendo così un’ottima risposta immunitaria.

Vaccini di NDA

Vaccini antiidiotipo

L’antigene (1) induce un anticorpo (2) i cui siti di unione sono complementari alla struttura (1). Quando i siti di unione (2) si inoculano in un altro animale, inducono altri anticorpi (3) i cui siti di unione sono complementari a (2) ed identici a (1) perché presentano la medesima struttura. Questi siti di unione possono essere utilizzati come vaccini contro l’antigene (1).

Infine occorre ricordare che a livello sperimentale esiste un altro tipo di vaccini di nuova generazione denominati vaccini antiidiotipo, anche se, non sono ancora stati utilizzati per i suini. Questi vaccini si basano sul riconoscimento delle strutture nella reazione antigene-anticorpo. Quando un animale è inoculato con un determinato antigene si produce una risposta umorale.

Le immunoglobuline che si inducono presentano, nel  sito di unione l’ultimo idiotipo della regione variabile, la struttura inversa dell’ epitope induttore della reazione. Se inoculiamo questi siti di unione in un altro animale, verranno prodotti anticorpi verso queste strutture, che sono anche complementari ad esse (anticorpi antidiotipo). 

In definitiva, gli anticorpi indotti contro l’idiotipo (antiidiotipo) hanno la medesima struttura dell’antigene originale e pertanto fungono da antigeni per immunizzare contro il primo antigene della catena. Gli anticorpi antiidiotipo possono essere policlonali o anticorpi monoclonali e possono essere utilizzati come vaccini specialmente in quei casi in cui è molto difficile ottenere le proteine o codificare i geni corrispondenti alle proteine di interesse immunologico.

CAPITOLO 9